Luigi Ontani: “Viva l’arte!” – A volte vorrei dire cose che poi dimentico

Se provi a telefonare al numero fisso del suo studio, lo stesso di Canova, il messaggio in segreteria dice più o meno così: “Sono Altrove! Viva l’arte!”. Se invece hai la fortuna di incontrarlo, ti sembrerà di essere in un tableaux vivant. Si presenta sempre in abiti elegantissimi e sobri, in foggia orientale e di seta indiana rigorosamente in monocromia dalla testa ai piedi con bizzarre calzature. Luigi Ontani è un artista dalle mani diafane, con una gestualità dai ritmi orientali che infonde nella stanza profumo di mirra. “É subito Oriente!” avrebbe detto Paolo Rumiz.

Ha viaggiato e viaggia in lungo e in largo, ha passato molto tempo a Taxco in Messico, attirato dall’arte dell’argento e della storia dell’uomo, nello Sri Lanka, poi in India dove è “entrato in contatto con tutto il negativo del mondo”, poi ad Aden, ora è la volta di Bali.  Si sposta in luoghi dove il tempo sembra non passare, da estraneo, non conoscendo le lingue del posto e osservando gesti e comportamenti. Senza evitare l’Occidente come una piaga, ha anche “soggiornato spesso e a lungo a New York quando questa si faceva sfruttare come una generosa puttana, quando spopolava la pop art e viveva in un edificio a Soho”.

Se invece non si ha la fortuna di incontrarlo di persona è possibile osservare le sue opere: c’è un grandissimo pannello musivo e permanente alla Stazione Mater Dei della Metropolitana di Napoli. In questi giorni, fino al 5 maggio 2019, è presente alla mostra collettiva Dream. L’arte incontra i sogni, a cura di Danilo Eccher, al Chiostro del Bramante, Roma.  “Heliondimio è il nome dello spazio qui allestito da Ontani come fosse un tempio sacro: un letto sfarzoso con due grandi maschere intagliate a rappresentare simbolicamente la via che conduce dall’Occidente all’Oriente,  il percorso verso la luce, inverso a quello del Sole. La maschera del Sole è intarsiata nel legno della testata, la Luna ai piedi del letto con la faccia rivolta verso il pavimento. Il sole è mortifero e dispotico, invece la luna è tranquilla e favorisce il sonno, il riposo e il sogno. Così si ricollega alla pratica antichissima di andare a dormire in un luogo sacro, una pratica che ha inizio nel Medioevo e in diversi casi sia in Occidente che in Oriente. In Gallia i fedeli andavano a dormire nella chiesa di Noyon per ricevere le grazie del Santo apparso in sogno e svegliarsi con animo fiducioso. San Michele Arcangelo compiva miracoli onirici a Costantinopoli e così pure i Santi Cosma e Damiano, i santi medici in vari luoghi sacri.

Il “Narciso innocente e folle”, come lo definiva Goffredo Parise, o l’artista sempre in attegiamento pososo, molla il travestismo, dopo aver interpretato in prima persona tutti gli dei dell’Olimpo, i santi indiani, perfino Cristo con la corona di spine. Dopo aver giocato anche con l’iconologia antichissima della divinità bicefala in grado di vedere il passato e il futuro, il dio Giano, particolarmente caro a Luigi Ontani, dopo il grande successo della personale all’Accademia di San Luca a Roma (2017) chiamata “SanLuCastoMalinIconicoAttoniTonicoEstaEstE’tico”, lascia il passato per accogliere il presente.

Per eccezione contemporaneo”, come lui stesso si definisce, “sceglie di giocare in leggerezza e in frivolezza esplicitamente, nella consapevolezza che anche attraverso la seduzione estetica ci fosse un’etica del comportamento, un desiderio di trasformazione e di cambiamento.  Vivendo e respirando e risputando con l’arte, ironicamente, eroticamente ritualizzando, spostando e viaggiando commuove muovere l’altrove”.

Da questa consapevolezza e da meditazioni su temi caldi dell’attualità nascono le due tempere “Cittadino Italiano” e “Balyndigeno genio danzante del 2012, con nel retro l’inconfondibile calligrafia di Ontani con neologismi e scambi di minuscole e maiuscole per confondere le gerarchie. Scoprile con noi!

«Sono cresciuto come un dilettante dell’arte che è anche arte del diletto. Senza mai assumermi la responsabilità del mestiere di dipingere, scolpire e poetare. Nessun messaggio da lasciare ai posteri. Nessuna velleità di cambiare la storia né di essere cambiati. Come un piccolo Eliogabalo vado obliquamente per la mia strada».

 

Elena Agnese Sorrentino