Alberto Burri: Il Tormento della Materia

Una leggenda racconta che quando Rauschenberg arrivò nello studio di Alberto Burri (Città di Castello, 1952), dopo una piacevole chiacchierata in giardino, i due artisti si scambiarono le loro opere con grandi convenevoli. Poi Rauschenberg ripartì di tutta fretta per gettare nell’Arno le proprie opere e iniziare una nuova visione dell’arte, simile a quella di Burri. L’artista umbro invece, per nulla impressionato dalle opere dell’americano, se ne servì come piattelli per la sua doppietta. Quando le raccolse disse agli amici che aveva avuto l’intenzione di aumentare l’artisticità delle opere dell’artista americano.

Di sicuro sappiamo che nel gennaio 1958 sulla rivista americana “Horizon” comparve una sequenza fotografica dal titolo “Nascita di una forma d’arte” in cui Burri spara su un barattolo di birra, poi issa la lamiera sforacciata su un perno e mostra la scultura. Un gesto che rimarrà alla storia e ispirerà artisti come Niki de Saint-Phalle, Yves Klein, Christo e tanti altri.

Gli americani infatti, più di tutti, hanno guardato l’opera di Burri con ammirazione, precorrendo i tempi. In un album il noto critico statunitense, Milton Gendel, annota sotto una foto-ritratto di Burri “Personaggio buffo. Fuori dalla medicina, dentro l’arte. Uno degli artisti italiani a farsi un nome anche all’estero dopo la seconda guerra mondiale” e ne coglie l’essenza.

La critica italiana coeva invece ha prodotto solo scritti lacunosi ed incomprensibili, seguendo la grande via maestra che confonde la “profondità con l’oscurità”.  La cultura delle Soprintendenze, delle accademie o dei musei ha sempre visto la pittura come una serie piatta di tele, qualcosa di orizzontale coperta da segni, forme e campiture da decifrare. I critici, affetti dalla paranoia delle ideologie, guardavano le opere di Burri come una sorta di sublimato matematico-filosofico, molto cerebrale, accessibile solo ai pochi “eletti” attraverso una logica fatta di equazioni. Non riuscivano a spiegare quella bellezza così incomprensibile e drammatica, molto lontana dai divertissement di Piero Manzoni, o dai tagli di Lucio Fontana.

Molto si è discusso sulle possibili motivazioni simboliche delle materie e dei segni di Burri. Il maestro umbro ha insegnato ad un mondo fiero della propria ratio che, c’è una logica che può attuarsi solo attraverso un procedimento artistico. In opere così esplicitamente materiche si “sente” il tormento che l’artista infligge alla materia, e solo quando ci si immedesima in questa materia si coglie il suo patire.

Alberto Burri, notoriamente riservato, un indefesso cacciatore originario di Città di Castello, era un chirurgo “non praticante”, convertitosi alla pittura durante un periodo di reclusione al Criminal Camp di Hereford in Texas nel 1943. Mette da parte i pennelli e il cavalletto per creare prima i Catrami (1948-9), poi le Muffe (1950-1) e dal 1952 i Sacchi. Questi famosissimi brandelli di juta scandalizzano e con un moto tellurico percorrono il mondo dell’arte. La genialità incomprensibile di Burri sta proprio nel fatto di trasformare i materiali poveri recuperati dalle pattumiere in qualcosa di artistico ed emozionante e portarli nell’altana del sublime.

Sarà poi il tempo delle Combustioni, dei Ferri, dei Legni e dei Cellotex (dal 1954) per poi giungere ai Cretti. La sua opera più impressionante, che ha la forza di un capolavoro, è di sicuro il Grande Cretto di Gibellina (1981), in cui resti della cittadina siciliana distrutta dal terremoto sono stati coperti da una colata di cemento, come un sudario bianco che copre un cadavere, e poi “ricalcate” con dei solchi le antiche strade.

Dopo quasi vent’anni, nel 1973, la critica italiana accetta gli “antiquadri” di Burri e li riconosce con il Premio Feltrinelli per la Grafica dell’Accademia Nazionale dei Lincei “per la qualità e l’invenzione pur nell’apparente semplicità, di una grafica realizzata con mezzi modernissimi, che si integra perfettamente alla pittura dell’artista, di cui costituisce non già un aspetto collaterale, ma quasi una vivificazione che accoppia il rigore estremo ad una purezza espressiva incomparabile”. Qualche meraviglioso esempio di antiquadro e di grafica di Burri è visibile sul nostro sito: